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quarta-feira, 29 de junho de 2011

Fondazioni

«Il bisogno di fondazione è solo il bisogno di sicurezza che l'uomo avverte in una situazione di minaccia e di violenza, e la metafisica risponde a questa situazione attraverso un altro atto di violenza, il colpo di mano che tende a impadronirsi delle "contrade più fertili" assicurandosi la conoscenza dei principi da cui tutto dipende. Il bisogno di sicurezza non agisce solo sul piano pratico-tecnico della conoscenza dei principi per dominare il mondo; esso spinge anche, a un livello meno direttamente legato alla pratica, alla ricerca della fondazione anche nel senso più astratto. La fondazione, per ciò che riguarda il mondo esterno, il "non io" delle filosofie idealistiche, viene raggiunta mediante il concetto di sostanza; per quanto riguarda, invece, il mondo più mutevole, per la nostra osservazione, degli stati interni del soggetto, è assicurata dalla nozione di libertà. La libertà è una fondazione del tutto sui generis, giacché in realtà non esprime che la decisione di non andare al di là di certi punti di arrivo dell'analisi, il bisogno di non risalire indefinitamente nella catena causale. Del resto non si tratta, anche in questo caso, di una "decisione" di non risalire all'infinito ammetendo invece la libertà come origine "ultima": la puntigliosità con cui Nietzsche si sforza di riportare alla situazione biologica elementare dell'organismo nel mondo il sorgere dei concetti base della metafisica, si spiega solo col fatto che per lui questi concetti sono il risultato di un lungo processo, le cui origini si confondono in certo modo con le origini stesse della vita, o almeno delle nostra attuale forma di vita. È infatti nel mondo in cui hanno trionfato la ratio socratica e il principio di individuazione contro la continuità e indifferenziazione dionisiaca, che nascono i punti fermi, le limitazioni, anche i conflitti, e quindi il bisogno di sicurezza e di nozioni ultime. Anzi, se teniamo presente il carattere di continuità proprio del dionisiaco, la metafisica appare come il suo rovesciamento in quanto visione che isola i fatti e concepisce il mondo sotto il profilo della discontinuità.»

Gianni Vattimo, Il Soggetto e la maschera

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