«È curioso che la filosofia di antico stile non abbia mai pensato alla possibilità di una diversa relazione fra l'intelletto desto dell'uomo e il mondo che lo circonda. Kant, che nella sua opera principale individuò le leggi formali del conoscere, senza accorgersene e senza che altri se ne sia accorto, considerò quale oggetto dell'attività intellettuale soltanto la
natura. Il sapere per lui si identifica al sapere matematico. E egli ha parlato di forme innate dell'intuizione e di categorie dell'intelletto, senza pensare ai ben diversi concetti che sono richiesti per la percezione della realtà storica, mentre Schopenhauer, che delle categorie kantiane lasciò significativamente sussistere la sola casualità, parlò della storia solo con disprezzo. Che oltre al determinismo di causa ed effetto (che vorrei chiamare la
logica dello spazio) esista nella vita la necessità organica propria a un
destino, la
logica del tempo, che ha una certezza interna e profonda, che compenetra tutto il pensiero mitologico, religioso e artistico e contrassegna la natura e l'essenza di tutto quanto, in opposto alla natura, è storia, restando inaccessibile alle forme di conoscenza di cui tratta la
Critica della ragion pura - questa è una verità che ancora attende una formulazione teoretica. Galilei in un famoso passo del
Saggiatore disse che nel gran libro della natura la filosofia è «
scritta in lingua matematica». Noi ancor oggi aspettiamo la risposta di un filosofo quanto alla lingua nella quale essa va letta.
La matematica e il principio di causalità conducono a un inquadramento naturalistico dei fenomeni, la cronologia e l'idea di destino conducono invece a un loro inquadramento storico. Ognuno per sé, i due ordini abbracciano il mondo
intero. Solo che l'occhio, in cui e per cui questo mondo prende forma, è diverso.»
Oswald Spengler, Il Tramonto dell'Occidente
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