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quinta-feira, 28 de abril de 2011

Política

«Bontà e generosità erano anche la sostanza del suo sentimento politico, da onest'uomo di tutti i tempi, che piange sulle sventure della patria, aborre il dominio degli stranieri, giudica severamente le oppressioni dei signori, si scandalizza per la corruttela ed ipocrisia dei preti e della Chiesa, lamenta che le armi unite do Europa non si volgono contro il Turco ossia contro il barbaro infesto; ma non va oltre questa superficiale impressionabilità, e finisce con l'accettare i tempi suoi e rispettare i potenti che, in ultimo, hanno prevalso. Perciò ha scarso interesse il notare (e può notarsi nello stesso Furioso) la varietà delle idee politiche dell'Ariosto, dapprima ostile agli Spagnuoli, come si vede da parecchi accenni e da certe qualifiche date a Ferraù spagnuolo, e, da ultimo, avverso ao Francesi, che avevano perso la partita in Italia, ed esaltatore dell'ispano-imperiale Carlo V, e di coloro che in Italia sostenevano quella causa, Andrea Doria o gli Avalos che fossero. Ma è, d'altra parte, come si è detto, ingiusto rimproverargli di non essere stato un campione d'italianità e di ribellione ai tiranni e agli stranieri, come pur ve ne furono, sebbene rari, a quei tempi, o un appassionato meditatore e profeta politico, un Machiavelli. Basta la famosa invettiva contro le armi da fuoco a segnare la qualità della politica ariostesca: la politica era per lui la morale, la privata morale, e una morale poco combattiva e molto idilliaca, quantunque non volgare, anzi disdegnosa del volgo di qualsiasi sorta, per fortunato a altolocato che fosse. Non era tale, dunque, da generare, come l'amore e l'umana pietà, figure e scene del poema, e le bastava incanalarsi qua e là nei letti delle ottave rifflessive, esclamative ed oratorie.»

Benedetto Croce, Ariosto

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