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domingo, 15 de janeiro de 2012

Reportage

«Qual è, in effetti, l'intenzione artistica del reportage? Presentare nuda e cruda la verità; rompere per sempre con gli arrangiamenti romantici della poesia fabulizzante e tendere, come nella scienza, ad un maximum di legame con l'oggetto da cui debbono perdiò essere estromesse, nella misura del possibile, tutte le fonti di perturbazione e i condizionamenti soggettivi. Il singolo scienziato sparisce nella sua ricerca ed è assolutamente indifferente sapere chi stia al microscopio. Allo stesso modo deve venire eliminato il poeta; al suo posto deve parlare l'oggetto in quanto tale con i suoi connotati concreti: nient'altro.
Possiamo chiederci: perché parlare ancora di poesia? Per un simile ideale artistico la concezione poetica del mondo non si identifica con quella scientifica?
Come romanzo storico, il romanzo ha sempre conservato un certo rapporto con la storiografia: il reportage non fa che distillare scientificamente la storia contemporanea. Una rigorosa scienza giornalistica: ecco, pressappoco, l'idea platonica della tendenza che stiamo esaminando. Anche la parola reportage deriva del resto dalla pratica giornalistica e non sono mancati gli sforzi per imbrigliare il romanzo contemporaneo nel campo storico. Abbondante utilizzazione di documenti originali, riferimenti ai fatti del giorno, montaggio di cronache giornalistiche (come esempio tipico di questa tecnica, anche se non si trata di tipici reportage, possono valere i romanzi di Robert Neumann) dovrebbero servire a far parlare direttamente l'oggetto stesso, a renderlo storico. Cha l'attuale predilezione per la biografia si muova nella stessa direzione, è infine un fatto su cui non è necessario insistere.
Anche sotto questo aspetto si può tracciare un parallelo con lo sviluppo della pittura. Ricordo di aver visto quadri neofuturisti consistenti in un montaggio di documenti originali, fatti cioè di autentiche scatole di fiammiferi e di autentiche puntine da disegno. Non intendo qui avanzare nessuna critica né al futurismo né al reportage letterario, perché un artista ha il diritto di creare la propria opera servendosi di ciò che vuole e quindi anche di scatole di fiammiferi. Né del resto dobbiamo approfondire qui il problema tecnico circa la possibilità in generale di trasporre direttamente un oggetto dalla sua sfera originaria alla sfera dell'arte. Intendo dire solo una cosa: neppure la scienza è in grado di riprodurre nella sua totalità il fenomeno, ad esempio il fenomeno fisico, ma si serve di strumenti di trasposizione altamente complessi e tra gli altri della sua traduzione in formule matematiche. Bisogna ammettere che una scatola di fiammiferi assolve in quadro ad una funzione completamente diversa da quella cui assolve in natura. Incontriamo a questo punto un problema della scelta. Quali scatole di fiammiferi vengono montate nel quadro? Quali documenti vengono utilizzati come strumento artistico del reportage? Che cosa, in generale, viene scelto come materiale del reportage?
E qui urtiamo contro un fatto veramente sconcertante: quasi mai nella letteratura e nella storia della letteratura (forse mai, dopo Walter Scott) ci si è avvicinati tanto al romantico come nel reportage, dove lo straordinario diviene norma. Certo, nella vita anche le cose più comuni possono essere straordinarie, e se un poeta del rango di Heinrich Hauser nel suo meraviglioso reportage sulla navigazione delle ultime navi a vela descrive la vita quotidiana di bordo, egli sa farci intravvedere il cosmo attraverso il microcosmo. Peraltro, per quanto paradossale, questo non ci stupisce; l'eliminazione del poeta è infatti possibile soltanto ad opera di un poeta e cio che à ancora consentito ad un Hauser, non funziona assolutamente più con la maggior parte degli altri scrittori. E persino in Hauser non si può misconoscere una certa inclinazione alla eroicizzazione del mondo. La sua scelta di tipi corrisponde, nel complesso, a un ideale di dura e solida virilità e di un'umanità maschia, nobile e coraggiosa, poco propensa alla sentimentalità e con una sua vita sessuale limitata ma brutale, un ideale che alcuni anni fa ebbe in Johannes V. Jensen uno dei suoi primi fautori. Se andiamo alla ricerca del materiale del reportage letterario troviamo dovunque la stessa cosa, la stessa squallida volgarizzazione: un mondo rumorosamente eroico pieno di artificiosi trionfi, un mondo di filibustieri e di gangster che agiscono a volte nelle rombanti vie cittadine, a volte nelle pampas, a volte nelle Borse. Interi paesi, la tecnicizzata America e la ultratecnicizzata Russia, vengono elevati alla dimensione dell'eroico. Insomma domina un principio di scelta che, malgrado tutta la obiettività cui si aspira, porta il marchio di una indicibile mendacità. Forse per il reportage non vi è realmente alcun modo di sfuggire a questo rischio se non volgendosi decisamente al dato biografico e all'avvenimento sensazionale. Rappresentando un'eccezionale vicenda umana o un grande avvenimento, anch'esso eccezionale, l'autore si sottrae alle difficoltà inerenti la selezione dei fatti, e questi si ordinano seguendo la loro logica intorno al centro di gravità della narrazione, sicché l'incombente pericolo della falsificazione e dell'artificio viene scongiurato.»

Hermann Broch, Il Kitsch

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