si richiude sul lieve sciacquío d'ogni gesto
come l'aria. Ogni giorno la breve finestra
s'apre immobile all'aria che tace. La voce
rauca e dolce non torna nel fresco silenzio.
S'apre come il respiro di chi sia per parlare
l'aria immobile, e tace. Ogni giorno è la stessa.
E la voce è la stessa, che non rompe il silenzio,
rauca e uguale per sempre nell'immobilità
del ricordo. La chiara finestra accompagna
col suo palpito breve la calma d'allora.
Ogni gesto percuote la calma d'allora.
Se suonasse la voce, tornerebbe il dolore.
Tornerebbero i gesti nell'aria stupita
e parole parole alla voce sommessa.
Se suonasse la voce anche il palpito breve
del silenzio che dura, si farebbe dolore.
Tornerebbero i gesti del vano dolore,
percuotendo le cose nel rombo del tempo.
Ma la voce non torna, e il susurro remoto
non increspa il ricordo. L'immobile luce
dà il suo palpito fresco. Per sempre il silenzio
tace rauco e sommesso nel ricordo d'allora.
Cesare Pavese, Lavorare stanca
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