sono ferme, piantate ai selciati. Il martello
di quell'uomo seduto scalpiccia su un ciottolo
dentro il molle terriccio. Il ragazzo che scappa
al mattino, non sa che quell'uomo lavora,
e si ferma a guardarlo. Nessuno lavora per strada.
L'uomo siede nell'ombra, che cade dall'alto
di una casa, più fresca che un'ombra di nube,
e non guarda ma tocca i suoi ciottoli assorto.
Il rumore dei ciottoli echeggia lontano
sul selciato velato dal sole. Ragazzi
non ce n'è per le strade. Il ragazzo è ben solo
e s'accorge che tutti sono uomini o donne
che non vedono quel che lui vede e trascorrono svelti.
Ma quell'uomo lavora. Il ragazzo lo guarda,
esitando al pensiero che un uomo lavori
sulla strada, seduto come fanno i pezzenti.
E anche gli altri che passano, paiono assorti
e finire qualcosa e nessuno si guarda
alle spalle o dinanzi, lungo tutta la strada.
Se la strada è di tutti, bisogna goderla
senza fare nient'altro, guardandosi intorno,
ora all'ombra ora al sole, nel fresco leggero.
Ogni via si spalanca che pare una porta,
ma nessuno l'infila. Quell'uomo seduto
non s'accorge nemmeno, come fosse un pezzente,
della gente che viene e che va, nel mattino.
Cesare Pavese, Lavorare stanca
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