QUALCUNO s' incomincia ad accorgere che è venuta meno la figura del
padre e che questa lacuna di paternità è una delle cause non marginali
della perdita d' identità e della nevrosi diffusa che affligge gli
ultimi anni del secolo morente. Certo è proprio così, manca la figura
del padre e insieme a lui mancano le figure dei nonni e degli zii che
furono per molti aspetti determinanti nel-l' educazione delle passate
generazioni. Ed è anche largamente affievolita la figura della madre
anche se qui in Italia il mammismo rimane una delle caratteristiche
peculiari della nostra società. Ma il mammismo è una cosa, la figura
maternale un' altra; bisogna stare attenti a non confondere queste due
tipologie profondamente diverse tra loro. Ma il vuoto strutturale della
moderna società occidentale proviene dall' assenza del padre. In un
certo senso l' affievolimento o addirittura la scomparsa di tutti gli
altri ruoli parentali derivano da quella lacuna che sta al vertice
della famiglia: se il padre non c' è più l' intera architettura
familiare è destinata a crollare; se il padre ha dimissionato non ci
saranno più neppure i figli, i fratelli, i cugini; mancano i punti di
riferimento, la stessa salutare dialettica tra le generazioni viene
meno e si trasforma in una mera lotta per il potere tra vecchi e
giovani. La gerarchia familiare aveva il compito di trasmettere l'
identità, la memoria storica e il sapere orale. Ebbene, questo mondo è
affondato; ma poiché la natura non sopporta il vuoto, al posto del
padre, della madre, dei fratelli, si è insediata la cultura del branco.
Si credeva che l' indebolimento dei vincoli parentali fosse una
conquista della modernità, affrancata una volta per tutte dai legami
del sangue e della tribalità; si pensava che l' individuo, liberato
dai ruoli e dalle usanze ripetitive della gerarchizzazione, recuperasse
la sua responsabilità, la sua libertà e la pienezza della propria
realizzazione. Ma queste acquisizioni si sono verificate soltanto in
piccola parte. Nella maggioranza dei casi l' individuo, abbandonato
alla sua solitudine, non ha trovato altro rimedio che quello di
confondersi nel branco, cioè in un soggetto anonimo e indifferenziato,
sorretto soltanto da motivazioni emozionali quali l' individuazione d'
un branco nemico, la pratica anche esteriore di segnali distintivi, la
volontà di potenza del gruppo, la scelta d' un capo cui delegare tutti i
poteri di decisione. Il branco è un prodotto della modernità e al
tempo stesso è lo sbocco più arcaico che mai si potesse immaginare.
Esso contiene una socialità negativa e distruttiva, si basa sull'
ideologia del più forte e su valori elementari di violenza, gregarismo,
feticismo. Gli "ultrà" delle curve sud ne sono l' esemplificazione più
frequente e più primitiva.
L' AFFIEVOLIMENTO e poi la scomparsa
della figura paterna hanno molte cause; le più evidenti sono di natura
economica ma non sono le sole e neppure le più essenziali. Alla base di
questa vera e propria rivoluzione istituzionale c' è da un lato l'
emancipazione della donna, dall' altro la perdita della trascendenza,
due elementi fondanti della modernità e della laicizzazione. Da questo
punto di vista la scomparsa del padre sarebbe un fatto positivo e non
reversibile, almeno nelle sue forme arcaiche basate sul comando e sull'
autorità esercitata per diritto divino. Eppure una società non può
vivere senza modelli che le consentano di rispecchiarsi e di conservare
memoria di sé. Il disagio che ha pervaso la società occidentale e in
particolare quella della seconda metà di questo nostro secolo deriva
appunto dall' assenza di rispecchiamento e di memoria. La stessa
decadenza delle classi dirigenti ha la sua causa nel deperimento dei
modelli paterni. Non a caso venivano chiamati "padri fondatori" coloro
che stabilivano le regole della convivenza sociale e politica. Venuti
meno quei modelli, la società ha perso la capacità di darsi regole
condivise; si parla di continuo della loro necessità, ma nessuno è più
in grado di produrle poiché a nessuno viene riconosciuta un' autorità
fondativa che superi gli interessi settoriali e s' imponga in nome
dell' interesse generale. Una società senza padri è dunque destinata a
una continua e progressiva parcellizzazione che ne paralizza il
funzionamento e rende impossibile la produzione di regole
democraticamente accettate. Gli individui non sono in grado di uscire
da questa disagiata condizione che, esaltando gli interessi settoriali e
gli egoismi di gruppo, si allontana sempre di più dalla "auctoritas"
produttrice di norme generali; ma il malessere cresce ed è comunemente
avvertito. Sicché, proprio nella fase in cui la figura paterna ha
ceduto il campo, risorge il bisogno di recuperare almeno alcune delle
funzioni a essa affidate; anzitutto quella di indicare le regole
basilari del comportamento, di amministrare la giustizia sulla base di
quelle regole, di praticare la "caritas" e la "pietas", due attributi
tipici della figura paterna e dell' autorità fondativa. Ma soprattutto
la nostalgia del padre è motivata dal bisogno di sicurezza psicologica
che egli diffonde. Senza di lui il mondo diventa insicuro per i figli
orfani e non preparati a surrogarlo. E questa è diventata infatti la
società di fine millennio malgrado le sue mirabili acquisizioni
tecnologiche: un luogo insicuro, labile, inutilmente motorio, privo di
credenze ma ingombro di superstizioni. * * * Ovviamente non si nasce
padri; lo si diventa col vivere e attraverso il vivere. Lo si diventa
quando si riesce a comprendere l' Altro superando le ristrettezze nelle
quali l' Io inevitabilmente ci racchiude. I figli sono
fisiologicamente i portatori dell' Io; i padri, quelli veri, superano
quella costruzione difensiva e vivono per i figli, costruendo le
condizioni del loro futuro. è superfluo avvertire che, in un tempo come
il nostro che ha vissuto nell' emancipazione della donna la sua più
grande rivoluzione, la funzione paternale non è legata al sesso. Ci
sono state e sempre più ci saranno donne in grado come e più degli
uomini di darsi carico dell' altrui. In realtà la donna si è sempre
data carico dell' altrui molto più dell' uomo, ma questo avveniva nella
sfera del privato. Proprio per il fatto di esser stata confinata in
quella sfera da una società governata dagli uomini, il darsi carico da
parte della donna difficilmente poteva uscire dall' ambito familiare
con la conseguenza di una ipertrofia dei figli che canalizzava quasi
interamente le risorse affettive delle madri. Questo limite tende ora
non già a scomparire ma ad allargarsi. Le capacità affettive della
donna costituiscono non a caso una delle risorse essenziali della
carità volontaria che sta diventando uno dei fenomeni più rilevanti e
più positivi della società moderna e del moderno umanesimo. Ecco perché
la "auctoritas" paterna, con il suo corredo di giustizia,
comprensione, regole condivise, carità e "pietas" non sarà appannaggio
soltanto maschile in un mondo dove i limiti del sesso sono stati infine
dissolti in una più ampia concezione della "humanitas". * * * Il
nostro Parlamento dovrà eleggere tra sei mesi un nuovo presidente della
Repubblica, la persona cioè che ha il compito di rappresentare la
nazione. Nessuno ignora quanto questa carica sia ambita per i poteri
che contiene e per l' immagine che conferisce. E nessuno ignora che
attorno a essa si accenderanno contrasti e vivaci ambizioni. Il
Parlamento tuttavia tenga presente che il presidente d' una repubblica
dev' essere soprattutto e preliminarmente un "pater patriae". Si può
discutere se debba provenire dalla sinistra o dalla destra, dalla
cultura cattolica o da quella laica e se debba essere uomo o donna. Ma
su un punto non si deve - non si dovrebbe - discutere: il Presidente
deve incarnare quella figura paterna che rassicuri la comunità e la
indirizzi a superare gli egoismi del presente in nome dell' altruismo
del futuro. Il laico Benedetto Croce invocò, all' inizio dei lavori
della Costituente, il "Veni Creator Spiritus". Quella stessa
invocazione sia tenuta a mente dai nostri parlamentari quando
sceglieranno la persona che dovrà rappresentare e traghettare il paese
nel suo ingresso nel nuovo secolo.
di EUGENIO SCALFARI (La Repubblica, 28/12/1998)
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